Mosca, il sindaco attacca
"Boris, adesso vattene"



E il presidente rischia un'altra operazione al cuore

 


MOSCA - La Russia è ostaggio di un presidente debole e malato, il quale a sua volta è ostaggio del sistema di potere da lui stesso creato, vale a dire della cosiddetta "famiglia", ovvero di quell'entourage di parenti e consiglieri più o meno interessati che ne indirizzano i passi sempre più malfermi. Se si vuole, dunque, salvare il paese è imperativo che Boris Eltsin se ne vada.
Jurij Luzhkov, il potente e ambizioso sindaco di Mosca, emerso dalle grandi manovre pre elettorali come lo sfidante numero uno al trono del Cremlino, aveva finora limitato gli attacchi a Eltsin e alla sua cerchia, forse nel nome dell'antico legame di complicità politica fra i due. Ma adesso la situazione è diversa. Il paese è minacciato da oscure strategie, investito da un'ondata di attentati senza precedenti.
E in questo clima torna a impazzare la girandola delle voci e delle indiscrezioni sulla salute del capo. E' bastato che Eltsin annullasse un previsto appuntamento con il ministro per le Situazioni d'Emergenza, Shojgu, è bastato che il corteo presidenziale attraversasse Kutuzovskij Prospekt un'ora prima del previsto, per scatenare il solito tam tam sulla salute di Eltsin e sulle trame della "famiglia". Fonte principale, e non sottovalutata, un'agenzia di pettegolezzi politici on line, che dal suo sito Internet ha raccontato di uno Eltsin ridotto allo stremo per le fatiche fisiche e mentali di questi giorni e in procinto di essere ricoverato per un delicato intervento chirurgico al cuore.
Sullo stesso filone ha proseguito il giornale Sevodnia, aggiungendo alle voci sulla malattia di Eltsin alcune speculazioni, anche queste ritenute attendibili, su un prossimo ritorno del generale Aleksandr Lebed, il governatore di Krasnojarsk, già candidato alle presidenziali del '96 e "uomo forte" per antonomasia della scena politica, al vertice della piramide del potere come erede del Grande Capo designato dalla "famiglia".
Quanto a Luzhkov, come governatore della capitale e massimo responsabile dell'ordine pubblico a Mosca è a sua volta esposto ai contraccolpi politici della guerra non dichiarata a colpi di tritolo. Agli occhi di molti osservatori le elezioni politiche fissate per il 19 di dicembre potrebbero essere in pericolo.
Alle prossime scadenze elettorali Luzhkov s'è preparato con abilità e scaltrezza. Ha creato con il potente e popolare Evghenij Primakov un movimento nazional-populista, "Patria-Tutta la Russia" che punta a conquistare il centro dello scacchiere, alleato con alcuni governatori regionali. Ha fatto anticipare al 19 di dicembre le elezioni amministrative per vedersi confermato sulla poltrona di sindaco e, da questa piattaforma di potere reale, spiccare il salto verso il Cremlino o "lanciare" Primakov, riservando a se stesso una poltrona importante.
Ma Luzhkov teme che dal Cremlino parta una manovra che possa vanificare i suoi piani. E allora dà fuoco alle polveri della polemica, lasciando intendere al giornale austriaco Neue Kronen che la volontà di Eltsin è manipolata dalla famiglia allargata. "Ma il fatto è che quest'entoruage esiste e ha i suoi propri interessi da realizzare", accusa Luzhkov.
Uno Eltsin "ostaggio del sistema politico da lui stesso creato", dice il sindaco, s'è allontanato definitivamente dai principi che ne improntavano l'operato nei primi anni '90. Infine, l'affondo: "Le limitate capacità di agire di Eltsin hanno in misura considerevole destabilizzato lo Stato".
Su queste basi ecco anche le voci sul possibile ritorno di Lebed al comando. Ma non è stato lo stesso Eltsin, appena un mese fa, a nominare l'attuale premier, Vladimir Putin, suo delfino? Le azioni di Putin, incapace di prevenire l'ondata di terrore sarebbero in calo nel borsino della "famiglia". Mentre la situazione in Cecenia suggerisce di mobilitare un uomo che la Cecenia la conosce molto bene, anzi di mobilitarne due. Perché, accanto a Lebed, secondo lo stesso giornale, tornerebbe a un incarico di responsabilità statale il discusso finanziere Boris Berezovskij, appena ieri accusato dai suoi avversari di fomentare la rivolta nel Caucaso.
Tutti gli interessati, naturalmente, hanno smentito.