Washington processa Mosca
"Mai più soldi a questa Russia"



Durissimo il ministro del Tesoro nella prima giornata di audizioni sullo scandalo. L'Fbi indaga su Eltsin



WASHINGTON - Piove come se fosse un autunno russo, sulla Washington che celebra la veglia funebre della Russia di Eltsin nelle aule del Congresso, sui giornali, nelle "voci" della Casa Bianca. Questa è la cronaca dell' agonia di un regime, di un'agonia pilotata, se non addirittura voluta, da lontano, attraverso il rubinetto dei dollari che si chiude e gli occhi che si aprono. E' cominciato a Washington il processo alla Russia di Eltsin nelle aule del Parlamento Usa e le campane suonano. "Non più soldi a questa Russia" annuncia alla commissione d'inchiesta parlamentare il Ministro del Tesoro Lawrence Summers, "perché la Russia non è riuscita a creare un governo di leggi". E mentre lui annuncia che la festa è finita, che il rubinetto del Fondo Monetario, dove scorre soprattutto danaro americano, si chiude, una voce dalla Casa Bianca finora silenziosa sussurra al New York Times che le indagini dello Fbi sul riciclaggio di danaro sporco attraverso le banche americane sono arrivate dentro il Cremlino, bussano alla porta di Eltsin, toccano il suo braccio destro, Pavel Borodin e il genero, il marito della figlia Tatjana Djacenko. E le somme di danaro che "la famiglia" di Boris Eltsin avrebbe trasferito alle banche americane sono, secondo lo Fbi, "somme enormi".
In pochi giorni, in poche ore, il muro di complicità politica, di giustificazioni, di eufemismi costruiti attorno al regno di Boris Eltsin sembra sciogliersi, come se "la corruzione, l'allenza fra criminali e politici, la spogliazione della Russia" avvenute negli anni '90 (cito il discorso del presidente della Commissione, Jim Leach) avessero raggiunto una massa critica che neppure i difensori a oltranza del Cremlino possono più contenere. Neppure Lawrence Summers, che è stato negli anni '90, come sottosegretario al Tesoro americano, il punto di congiunzione tra Mosca, il governo americano e il Fondo Monetario Internazionale, ha osato difendere il regime russo: "Non è possibile esagerare il problema della corruzione al massimo livello in Russia", ha detto, e "siamo stati complici involontari di un gruppo di oligarchi". Dunque non ci sarà danaro fresco per questa Russia? gli domanda il presidente della Commissione bancaria, il deputato che ci aveva promesso profeticamente, in un'intervista, che "sarebbe andato fino in fondo" anche fino a Eltsin se necessario. "No, niente danaro fresco", lo ha rassicurato il ministro, "per un anno". Un anno, non per coincidenza, è il tempo esatto che ci separa dalle elezioni presidenziali dell'estate 2000 in Russia. Dunque: niente più danaro fresco per Eltsin.
Niente più soldi dei contribuenti americani ed europei destinati ad aiuti che sono tornati, attraverso la porta girevole delle banche internazionali, nei conti correnti di oligarchi, mafiosi, finti capitalisti e dell'entourage di Eltsin, secondo queste "fonti della Casa Bianca" citate dal New York Times che improvvisamente hanno deciso di parlare. Lo Fbi, che sta indagando nei libri della Bank of New York e della Republic National Bank ha scoperto transazioni di "somme ingenti" che portano i nomi di Pavel Borodin, il tesoriere di Eltsin e del genero, Leonid Djacenko, il marito della figlia preferita, Tatjana. "Sono informazioni credibili" dicono allo Fbi, e alla Casa Bianca dicono anche di più: "Le ingenti somme di danaro spostate da Borodin e da Djacenko erano chiaramente danari che venivano parcheggiati nelle banche americane e poi spostate ancora". Erano soldi che i titolari dei conti e gli autori dei movimenti spostavano di banca in banca, di nazione in nazione, dalla Svizzera a Londra, a New York, alle Bahamas, all'isola caraibica di Antigua dove, su una popolazione di 60 mila persone funzionano ben 50 banche delle quali addirittura otto sono russe. "La scoperta dei nomi di Borodin e del genero di Eltsin cambia radicalmente la natura del caso" ammette la Casa Bianca.
Non ci sono più voci che parlino da Washington per difendere il regime russo. Il deputato Barney Frank, uno dei pretoriani più fedeli e importanti di Clinton e Gore, dice in aula, stringendosi nelle spalle che "lo abbiamo sempre saputo chi era Boris Eltsin, ma abbiamo preferito non vedere pensando che gli altri fossero anche peggio". Neppure Summers, davanti al sinedrio della Commissione d'inchiesta, ha osato proporre altro che questa timida difesa: "Non tutti i nostri incubi creati dal collasso dell'Unione Sovietica si sono avverati". Finora, nulla di serio era stato attribuito al Cremlino e le rivelazioni giornalistiche sul riciclaggio di misteriosi capitali attraverso le banche americane si erano limitate a sospetti generici. Ma ora è un "funzionario della Casa Bianca" che fa il nome della famiglia di Eltsin con il New York Times. E' una voce che viene dal palazzo di coloro, Clinton e Gore, che fino a ieri, apparentemente, ancora difendevano Eltsin.
E quello che colpisce, in questo primo giorno di veglia piovosa attorno al capezzale lontano di Boris Eltsin, è come informazioni conosciute da tempo, fatti ben noti a tutti coloro che li avessero voluti vedere, vengano improvvisamente riesumati e nobilitati dal potere americano che decide, oggi, di prenderli sul serio in pubblico. Le rivelazioni del New York Times, suggerite dalla Casa Bianca e confermate dallo Fbi, indicano nella società Benex il paravento del riciclaggio di fondi da Mosca, a nome di Borodin e del genero di Eltsin. Ma la Benex è conosciuta da tempo e da tutti gli investigatori come il punto di congiunzione fra la "Mafjia" russa di Semyon Mogilevich, le donne che gestivano i fondi passando per la Bank of New York, gli "esportatori" di capitali verso Londra, la Svizzera e le isole dei Caraibi. Tutti i testimoni sfilati finora davanti alla Commissione d'inchiesta hanno ripetuto che da sempre la Cia (ha testimoniato anche l'ex responsabile della sezione Russia, Fritz Ehrmart) lo Fbi, il Fondo Monetario, la Banca Mondiale conoscevano l'esistenza di quella "porta girevole" finanziaria che riportava all'estero gli aiuti internazionali appena venivano concessi, mescolando profitti di mafia, droga, aiuti divenuti guadagni per i protetti del potere russo.
"Da quanto tempo sapevate che in Russia la corruzione regnava e i nostri aiuti finivano nelle tasche degli oligarchi legati al potere politico?", ha chiesto la commissione al ministro del Tesoro. Il ministro ha riflettuto per un momento e poi ha detto tranquillo: "Da sempre. Dal primo giorno". E non avevate mai posto condizioni, chiesto garanzie? "Sì - ha risposto l'ex direttore della Cia, Woolsey - per cinque volte il Parlamento russo ha votato e presentato leggi anti corruzione e anti riciclaggio". E che è successo? "Per cinque volte Eltsin le ha respinte". Non chiedete per chi suona la campana a Washington.